Nome, livrea, personale, sito internet e codici di volo. Si è concluso il processo di integrazione tra Meridiana e Air Italy che – a seguito dell’ingresso ufficiale di Qatar Airways nell’azionariato della compagnia, col 49% delle quote – cambia anche denominazione sociale diventando Air Italy SpA. Dal 1° marzo 2018, oltre al brand, si unifica personale e struttura organizzativa, e Air Italy prende definitivamente il posto di Meridiana, che era sua volta succeduta ad Alisarda (il nome della compagnia fondata nel 1963 dall’Aga Khan). Due le basi operative: Olbia per i voli di corto raggio e Milano Malpensa per i voli internazionali e intercontinentali. Confermato, unico retaggio del passato, il codice IATA “IG”, che ha sempre contraddistinto la compagnia sarda. L’avvio delle operazioni Air Italy è coinciso con l’uscita dalla flotta del MD80, I-SMER, ultimo dei 18 aeromobili della stessa serie che negli ultimi 30 anni sono stati protagonisti della storia di Alisarda/Meridiana. Il decollo dall’Aeroporto Olbia Costa Smeralda è stato registrato in un cortometraggio molto evocativo dal titolo: “Ciao Meridiana, welcome Air Italy”. Da leggere l’articolo a firma Ugo Arrigo pubblicato da lavoce.info, che traccia un curioso parallelo con Alitalia. “Sono storie parallele quelle di Meridiana e Alitalia. Ora con l’arrivo del nuovo azionista Qatar Airways, la prima cambia nome e modello di business, ricercando dimensioni più grandi. Perché l’ex compagnia di bandiera non segue il suo esempio?” (per proseguire la lettura clicca qui).
Meno aerei e sempre più vecchi: la crisi dell’aviazione in Italia
Copiamo e incolliamo da Corriere.it, a firma Leonard Berberi. Una flotta più che dimezzata in un lustro, con un terzo degli aerei “vecchio” di almeno 15 anni e una nazione al settimo posto, dietro anche all’Austria, giù di una posizione rispetto ai dodici mesi precedenti, di tre gradini rispetto al 2010. Se c’era bisogno di certificare la crisi ormai decennale dell’aviazione italiana - in un Paese che è ai vertici mondiali per numero di turisti stranieri - basta leggersi l’ultimo report di Eurostat sui velivoli per passeggeri registrati nei vari Stati europei. Dicono quelle statistiche - aggiornate al 31 dicembre 2015, quindi prima dell’ondata di recenti fallimenti - che considerando anche i vicini di casa non Ue (come la Svizzera) sono 7.850 i jet con passaporto europeo (vengono esclusi elicotteri o quelli con un peso al decollo inferiore ai 2.600 chilogrammi). Di questi più di 6.500 hanno una residenza comunitaria. Un quinto della flotta europea (il 19% per l’esattezza, pari a 1.262 jet) è britannica, seguono gli aeromobili tedeschi (1.119), francesi (565), spagnoli (484), irlandesi (458) e austriaci (315). Poi c’è la “formazione” italiana con 280 velivoli, 98 meno del 2014, 291 meno del 2010: -51% in cinque anni. Meno sia della Turchia (697) che della Svizzera (340). Quanto all’età, un quinto dei velivoli dei Paesi membri UE ha (o meglio: aveva nel 2015) meno di cinque anni, mentre il 17% era uscito dagli hangar la prima volta oltre vent’anni fa. Croazia e Svezia sono gli Stati con la fetta più alta di aerei over 20enni, mentre Finlandia, Lussemburgo e Irlanda con quella più bassa. Dall’altra parte della linea temporale, l’Ungheria - grazie alla low cost Wizz Air - è la nazione con la quota più alta di jet con meno di cinque anni (44% sul totale nazionale), ma è interessante notare come sia rilevante anche il dato dei due big - Germania e Regno Unito - con quote che vanno dal 25 al 22% - e dell’Irlanda (anche qui grazie alla flotta della low cost Ryanair) con il 25%. Andando nel dettaglio nazionale, si scoprono cose interessanti tra jet acquistati e noleggiati. Sui 98 velivoli di Alitalia, la più grande compagnia del Paese, soltanto 17 hanno “targa” italiana: meno di uno su cinque e con un’età media di 12,1 anni. L’altra compagnia del gruppo (anch’essa in amministrazione straordinaria), Alitalia CityLiner, conta 20 jet Embraer di cui nessuno battente bandiera tricolore (ma irlandese) e con una media di 5,8 anni. La sarda-qatariota Meridiana ha tre velivoli (su 12) con passaporto italiano - in attesa di ricevere i più nuovi e moderni Airbus A330 e Boeing 737 Max 8 da Qatar Airways - e una media abbastanza elevata di 18,6 anni. Ancora più anziana la flotta di Blue Panorama (21,7 anni) e con tre aeromobili “connazionali” su undici (tre Boeing 767 e otto Boeing 737). Neos, proprietà del Gruppo Alpitour, su dieci velivoli (compreso il nuovo Boeing 787) ne conta nove all’anagrafe del nostro Paese e con una media di 14,9 anni. Infine Air Dolomiti - certificato italiano, ma appartenente a Lufthansa - ha 11 velivoli regionali, tutti registrati nel nostro Paese e con un’età media di 7,1 anni.
2017: l’anno più sicuro di sempre per l’aviazione commerciale
Copiamo e incolliamo da Corriere.it, a firma Leonard Berberi. Il 2017 sarà ricordato, chissà per quanto tempo, come l’anno più sicuro di sempre dell’aviazione commerciale. Pochi incidenti aerei, pochissime vittime. “Ma in ogni caso sempre tante, troppe”, osserva Alexandre de Juniac, direttore generale e a.d. della IATA, l’associazione internazionale che riunisce l’83% delle compagnie aeree. I rapporti mostrano numeri mai registrati prima, che divergono leggermente tra loro, perché basati su parametri differenti (come il numero minimo di posti o il tonnellaggio dei jet), ma che si somigliano: non più di 11 incidenti in dodici mesi, che hanno provocato 48 vittime (considerando lo schianto di fine anno in Costa Rica). Il tutto in un 2017 che, secondo i dati della IATA, ha visto 4,081 miliardi di passeggeri, poco meno di 29mila velivoli in attività e 36,8 milioni di voli, cioè 100.800 al giorno. Calcolatrice alla mano: un disastro aereo ogni 3,3 milioni di voli, una vittima ogni 85 milioni di passeggeri. “Si tratta di numeri che non sorprendono”, spiega Harro Ranter, presidente di ASN Aviation Safety Network, organizzazione indipendente che pubblica un rapporto annuale sullo stato dell’aviazione. “Dal 1997 gli incidenti sono in continuo declino, grazie al ruolo di organizzazioni come ICAO, IATA e del settore in generale”. Secondo ASN il 2017 è stato il periodo più sicuro di sempre - sia in termini di disastri che di morti - con dieci incidenti e 44 vittime in tutto il mondo. Nel 2016, ricorda ASN, “abbiamo registrato 16 incidenti e 303 vite perse. Inoltre sono passati più di 792 giorni senza uno schianto con più di cento vittime”.“Ma non si può dimenticare che ci sono 35 persone travolte a terra dall’incidente di MyCargo Airlines il 16 gennaio 2017, mentre il Boeing 747 tentava l’atterraggio a Biškek, in Kirghizistan”, ha ricordato la IATA durante la presentazione del report, che ha sottolineato come - nel primo semestre del 2017 - il tasso di incidenti in Europa è stato di 0,68 ogni milione di voli: in netto calo rispetto all’1,16 dell’anno prima, molto meglio del dato del Nord America (0,82). L’Africa è la macro area che segna il dato peggiore (6,1, in aumento rispetto al 2,39 del 2016) nei primi sei mesi. L’Asia (escluso l’estremo oriente), zona che registra un boom del traffico aereo, secondo la IATA risulta anche la più sicura con zero incidenti. Numeri che andranno confermati nel 2018, quando si avranno 4,31 miliardi di passeggeri, 30.095 velivoli in servizio, 38,6 milioni di voli (oltre 105 mila al giorno). Il calo degli incidenti significa anche che le assicurazioni devono sborsare meno soldi per gli indennizzi. Una società specializzata, FlightGlobal, sottolinea come nessuno degli incidenti registrati ha superato il valore di 50 milioni di dollari. Nel complesso - tra valore dei velivoli distrutti e assicurazioni varie - l’esborso totale del settore dell’aviazione commerciale dovrebbe aggirarsi attorno a 1,15 miliardi di dollari, 400 milioni meno del 2016 e 600 milioni meno del 2015.
L’odissea di Blue Panorama finisce nelle braccia di Uvet
È finita bene l’odissea di Blue Panorama, che esattamente un anno fa era ancora alla disperata ricerca di un acquirente, dopo 3 anni di amministrazione straordinaria. Nel 2017 ha trovato il proprio cavaliere bianco: la Uvet di Luca Patanè. La trattativa è stata complessa e si è conclusa solo a dicembre 2017, con un comunicato della società milanese che riportiamo integralmente: “Milano, 18 dicembre 2017 - Il Gruppo Uvet acquisisce il 100% delle azioni di Blue Panorama Airlines SpA, il perfezionamento dell’operazione di acquisto è avvenuto venerdì 15 dicembre. “L’obiettivo è fare di Blue Panorama una compagnia integrata verticalmente - ha commentato Luca Patanè, Presidente del Gruppo Uvet - all’interno di un Gruppo leader della mobility e del turismo. Il perimetro del Gruppo si allarga, siamo all’alba di una nuova sfida che si configura come premessa per una grande crescita. È un business molto articolato, ma crediamo nel rilancio di Blue Panorama e la mia ambizione è che la compagnia aerea possa far crescere ulteriormente il Gruppo. Siamo un vettore di nicchia ma vogliamo comunque essere protagonisti. Stiamo già pensando di intervenire gradualmente sull’espansione della flotta”. Aggiunge Giancarlo Zeni, confermato a.d. di Blue Panorama: “Siamo molto soddisfatti d’inserirci in una realtà come quella del Gruppo Uvet, player importante e conosciuto da tutto il mercato per la qualità di prodotti e servizi. L’integrazione con Uvet rappresenta senz’altro una tappa fondamentale per la crescita di Blue Panorama e presto, sono certo, ne vedremo i risultati”. La procedura di amministrazione straordinaria della compagnia fondata da Franco Pecci (nella foto) è stata avviata nel 2014, supportata da Deloitte Financial Advisor e guidata dall’avv. Giuseppe Leogrande in qualità di Commissario Straordinario, che ha commentato: “La cessione rappresenta l’epilogo di un complesso processo di ristrutturazione iniziato oltre 3 anni fa: oltre al risanamento dell’azienda, obiettivo primario dell’operazione, preme sottolineare come, nel corso dell’intero periodo commissariale, la compagnia non abbia fatto ricorso ad ammortizzatori sociali di alcun genere, contando su un organico attivo di circa 500 dipendenti, tutti ricompresi nel perimetro della cessione, ai quali va il mio ringraziamento per gli sforzi profusi in questi anni, unitamente al mio migliore augurio per il futuro. Questo non sarebbe stato possibile senza il supporto costante degli Organi della Procedura (Ministero dello Sviluppo Economico e Comitato di Sorveglianza) ai quali va il mio plauso per la stretta collaborazione, anche nelle fasi più delicate di questa lunga e articolata gestione".
Le riprese aeree del Southern California Logistics Airport di Victorville, nel deserto del Mojave, sono impressionanti: uno dei cimiteri degli aerei americani dove velivoli fuori servizio vengono parcheggiati in attesa di essere smantellati, o che il metallo delle fusoliere venga rivenduto come materiale di riutilizzo. Oltre a quello di Victorville, che conta più di 1200 aerei dismessi, negli USA esistono diversi cimiteri simili, in California, New Mexico e Arizona. Tutti localizzati in aree desertiche, dove il clima secco riduce le possibilità di corrosione. Ma quando e perché un velivolo commerciale viene dismesso? La vita di un aereo è lunghissima: se ben tenuto e sottoposto a regolare manutenzione (come d’obbligo per tutte le compagnie aeree aderenti a IATA, ad esempio) può avere 20, 30 anni e più, ma la sua sicurezza è garantita, esattamente come un velivolo più giovane. È proprio il fatto di essere sottoposte a controlli e revisioni periodiche che rende queste macchine, indipendentemente dall'età, così sicure.Revisioni che prevedono l’analisi di ogni singolo componente (un Airbus 380 ne comprende 4 milioni), avendo ciascuno la sua vita operativa, sia in ore di volo che in mesi/anni. Raggiunta la scadenza, il pezzo viene sostituito e in tal modo la durata di un aeroplano potrebbe essere teoricamente illimitata. Il problema è che a lungo andare tenerlo in esercizio diventa antieconomico: più è vecchio, più frequentemente dev’essere controllato; richiede maggiori costi di manutenzione e i pezzi di ricambio diventano meno comuni; ha allestimenti meno graditi ai passeggeri; fa più rumore e consuma di più. Anzi, è proprio la necessità di ridurre i consumi che ha determinato la fine dei quadrimotori (primo fra tutti il Boeing 747, noto come “Jumbo Jet”) a favore dei bimotori, rappresentati oggi dall’Airbus A350 o dal Boeing 787, il famoso Dreamliner:2 motori solamente, minori consumi (winglets, materiali più leggeri, aerodinamica), minor rumore, minori costi di esercizio e manutenzione. A tutto questo si aggiunge una questione legata alla natura stessa dell’aereo: durante ogni volo la cabina viene pressurizzata, quindi la fusoliera si espande per la pressione che si crea all'interno; quando si riscende a terra la pressurizzazione viene azzerata e la fusoliera si contrae di nuovo. A lungo andare questi cicli creano “fatica” nella struttura metallica. Ne consegue che ogni aeroplano ha un numero massimo di cicli raccomandato dal costruttore. Dopodiché finisce, se ha volato negli USA, in un cimitero come quello del deserto del Mojave.